Alle porte del 2022 sembra impossibile immaginare un Mondo privo di social network, che gradualmente sono entrati a far parte del quotidiano di tutti.
Inizialmente per curiosità, con la scusa di restare in contatto con amici a distanza, successivamente come strumento per condividere foto, ricordi e pensieri, poi come metodo di informazione e aggregazione e ora anche come strumento di lavoro e business.
Ma come siamo arrivati fin qui? E’ possibile vivere in un mondo senza social, oppure è giunto il momento di pensare a nuove logiche che governino il web?
Sulla strada del web 3.0: come siamo arrivati fin qui
In questo periodo non si fa che parlare di Web3 (o web 3.0) ma prima di illustrare le caratteristiche, è necessario fare due passi indietro e partire dal punto zero.
Il web 1.0
Chi è rimasto qui, probabilmente è ora additato come Boomer.
Poco prima degli anni 2000, il grande sviluppo tecnologico ha reso accessibile internet a (quasi) tutti e trasformato le persone in utenti.
Utenti che utilizzavano internet per accedere a contenuti digitali sotto forma di testi e immagini in forma passiva senza la possibilità di interagire.
Oltre a loro, internet era un ambiente frequentato soprattutto da sviluppatori che si cimentavano nella costruzione delle fondamenta.
Il web 2.0
Indefinito perché interminabile come il Medioevo, il web 2.0 parte all’inizio degli anni 2000 e ci accompagna fino ai giorni odierni.
La distinzione tra utenti e creatori, se esiste, è estremamente labile. L’accesso è alla portata di tutti grazie all’avvento degli smartphone, una sorta di braccio bionico aggiuntivo.
La celebre frase dello zio di Spiderman che utilizziamo praticamente in ogni articolo calza a pennello anche in questo caso in cui il web 2.0 ha alternato grandi risultati a vistosi punti deboli sui quali il web3 ha promesso di intervenire.
I punti deboli del web 2.0
- La monetizzazione del web 2.0 rappresenta con ogni probabilità l’origine di tutti i mali: il misunderstanding è basato sulla mancata consapevolezza da parte dell’utente che per accedere a un servizio così completo in maniera gratuita, l’unica via per monetizzare è vendere i propri dati o essere sottoposto a massiva attività advertising.
- Le piattaforme diventano proprietarie dei contenuti: Youtube dei video, Twitter dei tweet e così via. Chi ricava dai propri contenuti sui social, in realtà percepisce un guadagno marginale del ricavo dei social da parte dei creator.
- Nonostante le mille promesse, la privacy degli utenti è costantemente a serio rischio.
I data breach sono all’ordine del giorno, gli utenti non hanno il controllo dei propri dati né tantomeno la consapevolezza di chi ha in mano i propri dati. La censura e la propaganda difficilmente possono essere limitate e regolamentate: il terreno perfetto dove seminare “cattivi messaggi”.
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Il web 3.0 promette di risolvere i punti deboli del web 2.0
Il concetto alla base della nascita del web3 o web 3.0 è la decentralizzazione che si basa su 6 capi saldi:
- Verificabilità: ogni transazione all'interno del web3 è tracciata e può essere quindi verificata;
- Assenza di fiducia: non è necessario predisporre un ente terzo certificato che garantisce sulle transazioni. Questo è reso possibile dalla natura stessa della tecnologia blockchain e dal fatto che le transazioni siano certificate dai singoli nodi che realizzano le transazioni stesse;
- Auto-governato: le regole alla base della blockchain sono definite nel protocollo e sono rese sicure da algoritmi crittografici e da sistemi di controllo nativi;
- Distribuito e robusto: le applicazioni vengono eseguite sui singoli nodi in modalità distribuita e i protocolli blockchain sono progettati per non rendere vantaggiosa ai nodi stessi la violazione;
- Stateful: lo stato è salvato nei registri che costituiscono la rete stessa, come se fosse un enorme database distribuito;
- Pagamenti nativi: lo scambio di valore è nativo all'interno del protocollo, attraverso l'utilizzo di criptovalute come per esempio i token.
La rivoluzione garantita da Dapp (Decentralized Apps)
Esistono già applicazioni attribuibili al web3 chiamate decentralized Apps che vengono eseguite su molteplici nodi dove vengono storicizzati anche i dati.
I token prodotti da queste Dapp permettono a chiunque abbia interesse di finanziarie il sistema per garantire sicurezza e stabilità.
Il ricavo non passa tramite intermediari, bensì va da consumatore a creatore, quindi vengono aboliti anche sistemi terzi di pagamento, perché questi sono nativi del protocollo che sostiene l’intera rete.
Come viene garantita la privacy nel web3
A differenza del web 2.0, ora l’identità dell’utente è segreta, rappresentata esclusivamente dall’indirizzo del proprio wallet che non si basa più su username e password, bensì da password e una chiave.
E’ possibile acquistare e scambiare token grazie al wallet e inoltre il modello di business di queste piattaforme non si basa su raccolta dei dati degli utenti, che come anticipato, hanno la possibilità di restare anonimi.
Quale sarà lo scenario futuro scandito dal web3?
E’ già di per sé difficile capire se per individuare l’inizio del web3 occorra guardare indietro, avanti o addirittura il presente.
Ciò che è certo è che cambia il paradigma, ora internet of value ha senso perché internet è costituito da una rete in cui ogni transazione ha un valore attribuito dal suo creatore che può scambiarla in base alle proprie regole.
Il web3 è una rete sicura e governata in modo decentralizzato in cui gli intermediari che hanno speculato finora non hanno accesso grazie a una logica basata sul valore acquisito da chi contribuisce al valore della rete.