Nella veloce e incessante corsa verso un futuro sempre più lontano dall’attuale presente, viene da chiedersi se l’ammonizione di Socrate sulle nuove generazioni “che pensano sempre di essere migliori di quelle precedenti, sbagliando” si riveli premonitrice.
Decisamente troppo nichilista la versione proposta dall’agente Smith in Matrix che definisce gli essere umani “un’infezione estesa, una piaga per l’intero pianeta”.
Probabilmente più calzante l’iniziativa dello Zoo di New York che nel 1963 sopra la didascalia “l'animale più pericoloso del mondo che può sterminare e possedere intere specie di animali e spazzare via tutta la vita sulla terra” mise uno specchio.
L’innovazione tecnologica ha prima aumentato in maniera esponenziale potere e possibilità e poi ha praticamente azzerato la barriera di accessibilità: offrendo responsabilità decisamente più pesanti rispetto al grado di consapevolezza dei fruitori.
Il pericolo che cambia forma ma resta immutato: dallo zoo ai selfie
Avevamo paragonato qualche anno fa l’applicazione Faceapp a un tormentone estivo, tanta fu la viralità che accompagnò questo fenomeno.
È (forse) passata la moda di Faceapp, mentre invece i selfie non sembrano possedere il biglietto di ritorno verso il dimenticatoio, anzi, il fenomeno sembra in ascesa favorito dall’onnipresenza social.
“Che c’è di male?” si chiederanno in molti. La risposta, come potete immaginare non è banale, e proprio come abbiamo imparato a fare nell’analisi di questa conflittuale relazione tecnologia-privacy, è da cercare tra l’utilizzo che gli invisibili destinatari (le cosiddette terze parti) ne fanno.
Selfie: come un momento di svago può diventare un problema privacy
La realtà non supera la finzione sotto forma di favola, bensì ne trae ispirazione: dalla volontà di diventare la più bella del reame, all’ottimizzazione marketing; dallo specchio alla fotocamera. Il passo da strega a stratega è lontano solamente due lettere.
Con la promessa di offrire ai consumatori strumenti di prova che consentono di testare virtualmente i prodotti di bellezza da casa propria, Perfect Corp sceglie il cavallo di Troia perfetto per ottenere dati biometrici e attivare l’intelligenza artificiale che permette di etichettare i tratti della personalità degli utenti.
“In base alla forma degli occhi, alla distanza delle sopracciglia e alle dimensioni del naso, possiamo intuire che tipo di caffè vi piace - ha dichiarato Alice Chang, CEO di Perfect Corp durante un webinar del 2021 - Guardiamo il viso e diventiamo indovini. Se comprendiamo la personalità di un volto, possiamo consigliare qualsiasi tipo di prodotto".
Il lockdown come trampolino i big della tecnologia come partner: Perfect Corp è il futuro?
Non va commesso il frequente errore di considerare questa notizia come un’iniziativa isolata, desiderosa ma lontana dal vedere la luce o un fenomeno estemporaneo che coinvolgerà una nicchia di utenti e poche aziende.
Perfect Corp, è bene precisare, è appoggiata da colossi (in qualità di investitori) come Snap, Chanel, Goldman Sachs Asset Management e Alibaba Group Holding.
Inoltre le app dell’unicorno di Taiwan possiedono già la licenza per introdurre l’algoritmo in aziende del calibro di Google, Meta e Aveda ed è in procinto di quotarsi in borsa a New York.
Come fosse un campo reduce da maggese, il terreno di azione è estremamente fertile: dopo due anni di lockdown in cui anche il più diffidente utente ha ceduto i propri dati digitali per aprire le porte della tecnologia, i potenziali fruitori non si fanno più scrupoli a caricare un selfie in un app.
Niente e nessuno, nemmeno la più sofisticata intelligenza artificiale, conosce il futuro anche se ciò che attende Perfect Corp sembra una corsa in discesa senza avversari, ne ostacoli e con tanti ignari tifosi a spingere verso il traguardo con la forza dei propri selfie.