Ogni volta che l’utente accede ad internet lascia delle impronti personali indelebili, una sorta di scia di sangue che conduce esattamente alla vittima (o carnefice?).
In fin dei conti The social Dilemma ha messo in guardia anche gli utenti più disinteressati dal vero pericolo del web: “Se non stai pagando per il prodotto, allora il prodotto sei tu”.
Sarà che nell’immaginario comune il killer torna sempre nel luogo del delitto, sarà che ogni psicologo insegna ai propri pazienti di superare le fobie affrontando le paure, fatto sta che la navigazione su internet non conosce freni.
Vele spiegate per la navigazione veloce e indisturbata, nessun “guanto” utile a tentare di mascherare le impronte: eppure gli utenti si dicono preoccupati per la propria privacy.
Gli utenti del web sono preoccupati per la gestione dei loro dati?
Dimenticando il “mare” che nel celebre adagio separa il dire dal fare, com’è possibile che gli utenti, seppur preoccupati dalla gestione dei propri dati personali, continuino imperterriti più o meno consapevoli dei rischi?
Nel tentativo di evitare la ricerca praticamente impossibile di una risposta univoca e certa, come solitamente si fa al cospetto di quesiti esistenziali e/o di difficile risoluzione, anche a questa domanda si può rispondere con un’altra domanda, altrettanto interessante: chi ha mai detto che gli utenti sono preoccupati?
In un confronto informale probabilmente quest’ultimo punto interrogativo potrebbe porre fine al dibattito con uno stallo, invece Kapersky prova a fornire risposte sotto forma di numeri.
Cos’è Kapersky e quali sono i dati analizzati?
Partiamo con l’autobiografia di Kapersky: “Siamo un'azienda globale per la cybersicurezza fondata nel 1997 che protegge le aziende, le infrastrutture critiche, i governi e i consumatori di tutto il mondo da minacce digitali sofisticate e in continua evoluzione che attaccano ciò che più conta”.
I dati anonimi sono stati raccolti tra dicembre 2019 e agosto 2021 dalle visite sul sito web Kaspersky Privacy Checker.
Cosa emerge dall’analisi Kapersky?
Il quadro delineato dall’indagine Kapersky non solamente risponde alla domanda originale, ma descrive anche quali servizi e piattaforme preoccupano in maniera maggiore gli utenti per la propria privacy e la gestione e il trattamento dei propri dati personali.
Come rivela Adnkronos, gli utenti più preoccupati sono i possessori di dispositivi e account Android: 11,1% preoccupato per le impostazioni di Google, il 7,3% non ha grande fiducia sulle regole di sicurezza e anche le impostazione Whatsapp (5,9%) non fanno dormire sonni tranquilli agli utenti Android.
Tra i social, Facebook è in testa con il 15,7%, seguito da Instagram 9,9%. Il tanto discusso TikTok chiude il podio con 8,1%, ma quella che potrebbe sembrare una percentuale bassa rispetto alle aspettative, si rivela invece l’esatto contrario: basti pensare che il pubblico di TikTok è 4 volte inferiore a quello di Facebook.
“Chi svolge azioni online lascia la propria impronta digitale. Le statistiche mostrano che gli utenti hanno iniziato a interessarsi attivamente alla privacy e alla sicurezza dei loro account - commenta Sergey Malenkovich, head of social media di Kaspersky - gli utenti stanno cercando di ridurre la loro impronta ove possibile”.
Buone abitudini per difendere la propria privacy e gestire il trattamento dei dati
Kapersky oltre ad evidenziare il problema e offrire la soluzione, propone una sorta di vademecum di buone pratiche da seguire per evitare di fornire involontariamente i propri dati personali.
- Preferire un archivio crittografato a un cloud pubblico per conservare le password e i documenti sensibili;
- Utilizzare la navigazione in modalità privata;
- Creare una mail e utilizzare una SIM apposita per lo shopping online per evitare la condivisione dei dati personali;
- Evitare inutili estensioni del browser e controllare le autorizzazioni fornite per le app;
- Utilizzare l’autenticazione biometrica per bloccare telefoni, tablet e computer.